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Mostra del Museo del Risorgimento a Milano dedicata a “Anna Kuliscioff e Angelica Balabanoff: la guerra, l’emancipazione, il voto”
A suggello della ricerca si è presentata per noi una occasione unica: visitare la Mostra a Palazzo Moriggia dedicata alle due paladine del femminismo di origine russa ma di italiana adozione e assistere al Convegno ad essa collegato. E’ stato un balzo all’indietro nel tempo che ci ha immersi nell’atmosfera un po’ cupa tra fine Ottocento e primo Novecento con il marchio tragico di due guerre mondiali.
Nella mattinata del 15 gennaio 2016 abbiamo analizzato, fotografato, letto numerosi documenti presenti relativi alle tre sezioni della Mostra: la sezione monografie e opuscoli con materiali relativi al tema della prima guerra mondiale e alla condizione femminile con le lotte per l’emancipazione delle due protagoniste. Qui abbiamo rinvenuto articoli e scritti di Anna Kuliscioff in particolare un giornale dal lei fondato nel 1912 e diretto fino al 1914, intitolato “La difesa delle lavoratrici” nel quale insiste sulla subordinazione femminile nella società e nella famiglia, secondo Lei l’inferiorità della donna non è un fatto antropologico ma un fatto di natura sociale.
L’emancipazione di classe e di sesso sono presupposti reciproci e procedono di pari passo sospinti da un’unica aspirazione di uguaglianza e giustizia; solo il lavoro sociale, retribuito alla pari dell’uomo, può portare la donna alla conquista della libertà, della dignità e del rispetto. Anna scriveva “tutti gli uomini, salvo poche eccezioni, e di qualunque classe sociale, considerano come fenomeno naturale il loro privilegio di sesso e lo difendono con una tenacia meravigliosa, chiamando in aiuto Dio, chiesa, scienza, etica e leggi vigenti, che non sono altro che la sanzione legale della prepotenza di una classe e di un sesso dominante”. Seguono ulteriori affermazioni molto severe “si potrebbe sostenere che il primo animale domestico dell’uomo è stata la donna, perché in condizioni dispari di lotta, esse rimaneva la vinta, ma vinta soltanto dalla forza brutale”. La polemica di Anna è diretta anche contro il Partito socialista che non si spende troppo per il voto femminile a causa (così almeno sostiene Turati suo compagno di vita) della “ancora pigra coscienza politica di classe delle masse proletarie femminili. Evidentemente il partito socialista dubitava che il voto alle donne avrebbe portato vantaggi elettorali.
L’attività di Anna per il suffragio universale ricorre anche alla pubblicazione di alcuni opuscoli nel 1910 (“Il voto alle donne”, per denunciare il pericolo di un voto di censo e “proletariato femminile e partito socialista” per sollecitare il partito a organizzare sotto le proprie bandiere le masse operaie femminili). Quando nel 1912 si discute della nuova legge elettorale, che allarga la platea dei votanti ai ceti poveri anche analfabeti, ma esclude dal voto le donne, al pari dei minorenni, dei dementi e dei condannati è Filippo Turati che si alza in Parlamento a chiedere di estendere il diritto di voto alle donne. Ma la proposta è bocciata, riceve solo 48 voti favorevoli e 6 astensioni. Il commento di Anna è fulminante: “Ormai l’italiano per essere un giorno cittadino non ha che una sola precauzione da prendere, nascere maschio”. Nonostante questa grave sconfitta Anna torna alla carica con ulteriori e animosi scritti, la sua attività rimane infaticabile e dovrebbe culminare con una grande manifestazione nazionale “la giornata delle donne” che avrebbe dovuto tenersi nella primavera del 1915 ma sarà cancellata dalla guerra.
Sulla Kuliscioff alla Mostra tanto altro materiale proveniente dalla Fondazione a lei dedicata e di grande impatto visivo non solo per i manoscritti originali, i documenti di vita e le fotografie ma anche per la sezione reperti con il salotto autentico della sua casa milanese di Via Galleria Portici al numero 23 dove si incontravano intellettuali, politici e gente del popolo per discutere la questione femminile e il socialismo riformista. Il divano verde, la poltrona rossa, il tavolino, il telefono di quel salotto ci hanno rappresentato un ambiente di grandi ideali, speranze di cambiamento, di lotte e confronti serrati.
Per Angelica Balabanoff, che mantenne numerosi contatti con Anna e ne riprese le eredità intellettuali e le virtù combattive, i materiali per noi significativi hanno riguardato la sua biografia estesa in una rete di rapporti internazionali da Mussolini a Lenin attraverso un Europa in fermento per la Prima guerra mondiale e poi in America fino al Secondo dopoguerra. La sua attività ha lasciato tracce in opuscoli, scritti e manoscritti che rivelano unitariamente grande sensibilità per gli ultimi, per gli
emigrati da lei anche molto aiutati finanziariamente nel suo periodo di vita in Svizzera. La sua intensa vita ha rivelato forti contraddizioni ma anche umanità e altruismo tanto da lasciare nel suo testamento la volontà di devolvere le sue disponibilità finanziarie a quelle persone bisognose di cui si è sempre preoccupata a livello politico nella garanzia dei diritti, nel pacifismo contro le guerre mondiali e nei bisogna materiali. Di lei ci sono rimasti impressi questi versi tratti dalla raccolta di Poesia, Pubblicata dalla Fondazione Anna Kuliscioff, "Quando nell’ultimo giorno della mia vita…"
A illustrazione della guerra e delle sofferenze per le donne nei tragici fatti del primo conflitto mondiale vi sono le vignette di Giuseppe Scalarini che si accompagnano a cartoline, libri, volantini illustrati del celebre artista, unico uomo dell’inizio secolo a considerare le donne nella sua produzione grafica. Le raffigura come portatrici di pace e come donne ribelli nel fronte interno del conflitto fino a tratteggiarle con il nero nel momento definitivo del lutto.
La raccolta è molto ampia poiché si avvale anche di originali inediti concessi in prestito dagli eredi Scalarini oltre alle pubblicazioni sui giornali quali l’Avanti e La Difesa delle lavoratrici relative ag li anni 1912- ’23.
L’immediatezza delle immagini sono uno strumento incisivo per valorizzare la donna nel suo ruolo di madre, vedova, lavoratrice.
In Arabia Saudita finalmente anche le donne possono votare
C’è chi ci arriva prima, chi ci arriva dopo e chi deve ancora arrivarci ma prima o poi ci arriverà: finalmente anche in Arabia Saudita, in occasione delle ultime elezioni amministrative, sono state ammesse candidature non più esclusivamente maschili ma anche femminili. Una prima assoluta nello Stato culla wahabismo che è l’interpretazione più severe e intransigente dell’Islam sunnita. Merito del deceduto Re Abdullah che nel 2011 decise di concedere il voto alle donne per queste elezioni di dicembre 2015. Sempre un suo decreto stabilì che le donne dovessero rappresentare il 20% dei componenti del Consiglio della Shura, un organo consultivo, con poteri limitati, nominato ogni quattro anni dal sovrano.
Una scelta, quella di Re Abdullah, ovviamente molto criticata anche a causa delle fortissime limitazioni personali a cui le donne saudite sono sottoposte. Forse un primo timidissimo passo per arrivare ad eliminarle. Ad oggi le saudite, seguendo i dettami della Shariia, non possono comunicare direttamente con persone del sesso opposto, non possono partecipare a dibattiti televisivi, esporre manifesti col loro volto.
Le donne che comunque hanno potuto votare sono state solo poco più di 130.000 a causa di vari ostacoli burocratici e, incredibilmente, di problemi legati al trasporto da casa al seggio poiché a loro non è concesso guidare (sic!). Il totale dei votanti è stato poco più di 1.486.000. Quasi 6500 il totale dei candidati, all’incirca 900 le donne.
Queste elezioni hanno stabilito i due terzi dei 284 consigli municipali dell’Arabia Saudita, il restante è deciso direttamente dal governo. Tre donne consigliere sono state elette a Diriyah, alle porte della capitale Riad, altre due nella parte est del paese, nella provincia di Ihsa, due nella regione di Gedda, nel sud. Altre due a Tabuk e una nella regione di Jawf. Una donna eletta alla Mecca e un’altra a Qutif, città che si affaccia sul Golfo Persico. I poteri dei consigli comunali sono molto limitati e i consiglieri si occupano principalmente di piccole questioni locali, rifiuti, decoro urbano. Ma nonostante ciò, il voto alle donne e per le donne, rappresenta senza dubbio una svolta in un paese molto arretrato per quanto riguarda i diritti sia delle donne che umani in generale. Sono stati numerosi gli ostacoli che alcune donne hanno dovuto affrontare durante la campagna elettorale, tre addirittura depennate dalle liste elettorali. Tra queste evidenziamo le figure di Loujain Hathloul, donna che dopo aver cercato di guidare un’auto per passare la frontiera con gli Emirati Arabi Uniti ha trascorso più di due mesi in galera. Altra donna depennata è stata Nassima Al Sadah, attivista per i diritti umani nella città di Qatif.
A Taef, una regione occidentale dell’Arabia Saudita, la polizia sta indagando per capire chi ha divulgato un opuscolo che condanna e invita a non votare candidati donne perché, come affermato nello stesso, è “religiosamente inaccettabile, le donne non meritano di essere elette e votarle è peccato”. Molti passi in avanti restano da fare!
Conferenza Milano
Venerdì 15 Gennaio 2016.
Nell’ambito della Mostra milanese al Museo del Risorgimento di Milano “Anna Kuliscioff e Angelica Balabanoff: la guerra, l’emancipazione, il voto”, il nostro gruppo di lavoro è stato invitato a partecipare ad un interessante Convegno presenziato da importanti relatori quali Valeria Fedeli, Vicepresidente del Senato, Carlo Tognoli, ex sindaco di Milano, Maria Silvia Sacchi, giornalista del Corriere della Sera, Prof.ssa Bracco dell’Università Bicocca e altre autorità. In una preziosa sala del Palazzo Moriggia, sede del Museo, abbiamo avuto il privilegio di seguire interventi particolarmente significativi sulle origini della questione femminile che hanno ampliato ed attualizzato tutta la ricostruzione storica e documentaria appresa dalla precedente visita alla Mostra.
La Vicepresidente del Senato si è spesso rivolta a noi con compiacimento per l’unica presenza giovanile del Convegno e ci ha voluto ribadire la forza di queste due figure femminili, in particolare Anna Kuliscioff per Lei modello da seguire quotidianamente nella sua attività istituzionale in quanto riferimento di forza morale, tensione etica e onestà. Valeria Fedeli ha inoltre sottolineato che l’impianto politico delle due intellettuali era quello di ritenere il femminismo non come una questione solo delle donne ma come un progetto di riformismo della società. Un messaggio questo che ha attraversato e attraverserà ancora i secoli anche nelle diverse parti del mondo.
Gli interventi si sono susseguiti a ritmo sostenuto, hanno riguardato la biografia e il contesto storico di vita della Kuliscioff e della Balabanoff arrivando a coprire un quadro compreso tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta. Si è partiti dalla citazione “Il monopolio dell’uomo” del 1890 scritto dalla Kuliscioff all’esordio del suo percorso di rivendicazione per arrivare al socialismo sofferto e contraddittorio talvolta, di Angelica Balabanoff approdata nel 1960 al socialismo democratico di Giuseppe Saragat.
L’ excursus storico richiamato ha riguardato i valori di certo femminismo legato al terreno politico, alla questione del proletariato femminile, alle lunghe discussioni sul suffragio delle donne. Una voce si è introdotta con entusiasmo negli scambi di vedute dei relatori, quella di Anna Sanchioni che ha preso il microfono e ha raccontato il suo mitico 1946. Sì, in quell’indimenticabile anno per lei, ora ultranovantenne, è andata in Piazza San Sepolcro a festeggiare la vittoria del Partito Socialista a Milano che aveva ottenuto il 46% di voti, era l’unica donna in quella piazza a poter festeggiare due vittorie non solo quella del suo partito ma quella del suffragio femminile pur se esclusa poiché solo diciottenne. I compagni di partito, per presentarsi e proclamare con la folla festante la vittoria, la presero con loro sul balcone lasciandole la parola: lei ringraziò semplicemente e poi pianse per la commozione. Le lacrime di quella giovane come noi, Anna Sanchioni, ci hanno fatto sentire ancora più fortemente la conquista del voto alle donne così alla fine dei lavori del convegno l’abbiamo intervistata.
Ecco cosa ci ha ancora raccontato…
DOMANDA: "Stiamo partecipando a un concorso sulle donne nel 1946. Volevamo chiedere alla signora Anna Sanchioni quale fosse il clima che si respirava il 2 giugno 1946, quando alle donne fu concesso il diritto di voto".
RISPOSTA: "Allora, premetto che all’epoca ero una ragazzina, andavo ancora a scuola - facevo le magistrali - e mi ricordo che ero una di quelle che dicevano “Dai ragazze dobbiamo lavorare anche noi!”, nonostante fossimo ancora giovani e non avessimo l’età per votare. Mia madre lavorava in fabbrica e devo dire che tra le donne c’era il desiderio di poter votare perché ritenevano di avere qualcosa in meno rispetto agli uomini. Non avere la possibilità di determinare chi fosse a portare avanti il paese era concepito come una menomazione. Inoltre le ragazze, arrivate a ventun anni, quando avevano la possibilità di votare, lo facevano con entusiasmo. Non so se fossi io ad essere un po' una “sollevatrice” di carattere, ma molte ragazze della mia scuola venivano come incoraggiate da questo mio comportamento e allora anche loro, felice ed entusiaste, affermavano “Sì, bisogna votare!”.
Nel ‘45, dopo la riapertura delle scuole, siamo state io e le mie amiche a organizzare il primo sciopero: siccome nessuno aveva la la volontà di portare avanti questa protesta, io e la mia amica abbiamo preso tutti i cappotti e li abbiamo gettati fuori in strada. Questo gesto ci è costata una sospensione di 10 giorni, però ha costretto tutti ad uscire e noi abbiamo chiuso la porta della scuola. Forse i nostri comportamenti non erano del tutto giusti.
Quando ero giovane, sentivo continuamente mia madre raccontare di tante sue compagne operaie desiderose di votare perché le donne in quel periodo erano una parte grande del paese e volevano contribuire al suo sviluppo e alle decisioni politiche. Mia madre teneva sotto il letto, ben nascosto, un rotolo di numeri dell'"AVANTI" e guai a rivelare il segreto. Nelle visite in fabbrica di Sandro Pertini le donne, numerose e politicizzate, chiedevano di VOTARE perché volevano assolutamente essere quella grande parte del paese chiamato a decidere le cose. Ecco come si sentivano le donne. Volevamo fare realmente parte della vita del Paese. Questo è tutto".
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